IL VIAGGIO.

Pubblicato il 18 Aprile 2012



La valigia è chiusa. E’ la mia valigia verde, quella che mi ha accompagnata per chilometri. L’ho sistemata per bene prima di partire con tutto ciò che potrebbe servirmi. Ci ho messo anche ciò che non userò mai. Lo so è una cosa stupida ma lo faccio sempre. E’ la paura di trovarmi in difficoltà. Sono abituata a dover essere autonoma. Indipendente .

Bella invenzione l’indipedenza… Per chi non ne ha necessità e la reclama. In realtà quelli indipendenti di solito sono anche soli. O tali si sentono.

Insomma il fatto è che i ritorni mi mettono una tristezza addosso paragonabile solo a quella che dà la fine dell’Estate.

Il viaggio per me è mille cose. Ciò che più mi piace vivere è l’attesa della partenza. L’inizio è come un foglio bianco per uno scrittore. Milioni di prospettive. Possibilità che si schiudono come fiori la mattina presto. Quando osservi un bocciolo che si schiude non puoi certo sapere di che colore sarà ogni petalo. Puoi sperarlo. Così quando io comincio a pensare, ad immaginare il viaggio aggiungo colori e parole ad ogni respiro.

Oggi ritorno. Chiudere la mia valigia verde per tornare a casa è stato più difficile che in altre occasioni. Non pensavo sarebbe stato così. Ero sicura che dire “Ciao..” a posti che ho imparato a conoscere non avrebbe avuto un sapore così…freddo. E’ il freddo quello che sento. Mentre dico “Ciao..”, so che guardando fuori vedrò solo un formicaio in movimento convulso, ma non ciò che vorrei vedere. Non c’è più in lontananza nemmeno il colore della giacca che avrei potuto distinguere in mezzo a tutto il nero che mi circonda.

Il treno puzza. C’è una donna con un bimbo di pochi mesi tra le braccia, lo sballottola per farlo smettere d piangere. Lo culla chiamandolo per nome nella speranza che si adatti alla situazione di sottovuoto in cui, forza cose, si trova.

Scopro che chi mi ha fatto il biglietto ovviamente non ha tenuto conto delle mie richieste. Non ho il finestrino ma il signore accanto a me con gentilezza me lo cede. Sono nel senso inverso di marcia. Quello che preferisco. A differenza di tutto il resto del mondo. Mi piace guardare i posti nella prospettiva in cui si allontano. Forse perché tutta la mia vita è in senso inverso.

Tiro fuori il mio netbook dalla valigia e mi accartoccio su una poltrona dondolante, segno dello stato di trascuratezza e pena che aleggia intorno e dentro Trenitalia. Ma ci salverà Montezemolo! Lo sento…Mi ricorda qualcuno cui sentì fare entusiastici proclami circa vent’anni fà….Corsi e ricorsi della storia. O dovrei dire un altro mercenario pronto a saccheggiare quel che resta di uno Stato che non esiste più.

Per fortuna la mia musica è con me. Alzo il volume. Voglio sentire solo musica e il rumore delle parole che si inseguono nella mia testa. Sono tante. Le inseguo e le scelgo. Le scelgo perchè le parole sono importanti. Non si può sbagliare. Una parola detta a caso può far male. E allora io scelgo. Con cura.

E’ troppo breve questo viaggio e troppo affollato questo treno. So di scrivere cose poco brillanti e forse anche un po’ tristi. Perché inspiegabilmente, a differenza delle altre volte in cui ho salutato andando via sento forte la mancanza. La assenza. Dal primo gradino che mi porta dentro questo vagone di latta sento la mia indipendenza, il mio non pretendere, il mio essere silenziosa, il mio essere trasparente, quasi invisibile, sgretolarsi. E divento fragile. Come vetro.

C’è qualcosa che ho lasciato sul binario della stazione. E non è un bacio distratto. O almeno non solo quello.

C’è un pezzo di me in ogni meraviglioso posto che ho visitato. Ed una parte dei posti che ho visto é nei miei occhi. Ognuno di questi luoghi mi ha regalato qualcosa. Che ha cambiato il mio modo di camminare. Il mio modo di osservare il mondo. Il mio modo di affrontare il nuovo. Anche se ogni tanto, soprattutto oggi, il distacco, l’andare via mi scuote. E qualche lacrima spunta fuori da dietro i miei Ray Ban. Non mi importa di chi mi guarda e pensa “chissà perché piange…”. Vorrei rispondere: perché sto ascoltando Eva Cassidy, perché il sole sta accompagnando il mio viaggio, perché ciò che scorre alla mia sinistra è bello ma non è ancora lo struggente paesaggio delle campagne pugliesi, non ci sono ancora muretti a secco e uliveti a perdita d’occhio, perché la mia mano è rimasta dentro quella che mi teneva al caldo. E perché provare ancora emozioni rende vita alla vita.

E allora….La vita è un viaggio. La pelle il taccuino su cui il racconto di ogni incontro, di ogni tramonto, di ogni bacio, di ogni sorriso, di ogni informazione chiesta alla fermata di un autobus, resta scritto. Per sempre.



TdE



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